Esplorazione, ricerca e de-contestualizzazione degli stili, per un progetto che parte dal jazz e gira intorno al mondo della musica in tutte le sue espressioni. Gli WA si raccontano a Jam Session 2.0 presentando il loro nuovo lavoro.
  • Come nasce il progetto WA e qual è l’idea che ha dato origine a questo nome?
Gli WA nascono nel 1998. Paolo Palazzoli (Eono) al basso elettrico, voce e chitarre e il sottoscritto, Roberto Cosimi al pianoforte, tastiere e voce. Sin dall’inizio io e Paolo abbiamo avuto una forte intesa artistica che ci ha permesso in tutti questi anni di comporre musica insieme e realizzare le nostre produzioni discografiche. Il dedicarsi alla scrittura è un elemento vitale per noi e fondamentale nel nostro percorso professionale. Abbiamo infatti proposto nei nostri concerti sempre le nostre opere. Il nome “WA” è una parola africana di una tribù della Costa D’ Avorio, il cui significato è: ” il manto della madre che avvolge il mondo”. Questo splendido pensiero ci ha affascinato moltissimo, racchiuso in sole due vocali. Così lo abbiamo adottato come nome del nostro gruppo musicale. È come un suono che esprime speranza. Ci proietta in un futuro in cui un nuovo livello di evoluzione sarà contraddistinto da una vera pace nel cuore di tutti gli uomini.
  • Il 2016 ha aperto le porte al nuovo lavoro “Archangel”: una continua esplorazione di mondi fino ad arrivare perfino alla musica sacra…
Gradisco moltissimo il concetto di “esplorazione” che contiene la tua domanda. Noi WA riteniamo che un artista non debba, infatti, farsi condizionare in nessun modo da etichette, generi o tendenze di sorta. Se l’esploratore si disorienta nei mondi nei quali si è inoltrato, perde la sua identità. E’ stato sempre il nostro modo di intendere la musica. Abbiamo usualmente attuato una certa forma di “de contestualizzazione” degli stili. L’esempio di “Beati Angeli” è indicativo. Musica sacra inserita in un progetto dalle sonorità vicine al jazz. Il suono, la scrittura, e il carattere è comunque il nostro. E’ il nostro viaggio, come un film che porta la firma di un regista, se vogliamo.
  • L’Italia e il jazz: che rapporto c’è tra il nostro Paese e questo genere musicale?
Direi che il pubblico Italiano è sufficientemente preparato e attento a questa musica. Più di quanto si possa pensare.
  • Può il jazz uscire dai club e arrivare fino al grande pubblico senza perdere la sua natura nel tentativo di rendersi “comprensibile” ai più?
Dipende solo ed esclusivamente dalla volontà di farlo! Eccome se è possibile! Servono: denaro e organizzatori professionali che sappiano creare grandi eventi. Lo scopo della musica è farsi ascoltare. Più si ottiene pubblico e meglio è. Per esperienza ciò che e “meno fruibile” è così solo perché è “meno ascoltato”.
  • Dove possiamo ascoltarvi?

Questo inverno daremo inizio al nostro tour nei festival e nei locali. Non abbiamo al momento date definite.