I Vertical Lines, band emiliana composta da Alessandro Capezzera (voce e chiatarra), Davide Bombarda (batteria) e Fabio Morsiani (chitarra, piano e basso), sono tornati finalmente con un nuovo disco dal titolo Faith. L’album si compone di 11 brani che, in contrasto con il titolo, hanno un sound malinconico e a tratti colmo di rabbia.

Le composizioni, dallo stile rock alternativo, sono estremamente curate e strizzano l’occhio alle sonorità tipiche dei Muse e Palcebo con un pizzico di Coldplay. Un piacevole mix inaspettato dei giganti della musica.
La musica è densa e avvolgente anche quando non sono più le chitarre elettriche a farla da padrona.
Le canzoni scorrono una dopo l’altra con continuità e coerenza arrivando al cuore come lame affilate. Tagli netti, come linee verticali.

In generale l’ho trovato un album coeso e compatto con un messaggio per nulla banale nel quale sicuramente ognuno di noi riesce a trovare un pezzo del proprio vissuto tra le note.
Le linee vocali si sposano perfettamente con gli arrangiamenti accentuando il senso profondo dei testi.

Per questa ragione menziono le canzoni che mi hanno colpita maggiormente:

Luminescence, una canzone malinconica dal risvolto dolce e speranzoso attraverso le parole del ritornello “May your light shine brighter every day while my shadows grows into someone else. Love is freedom.”

Invisible, l’emotività dell’ascoltatore viene smossa già dal primo accordo. Poi il testo, la melodia e la musica che si fondono in un insieme talmente perfetto che, non esito a dirlo, rende questa canzone la miglior canzone degli ultimi 10 anni e che se fosse stata prodotta da qualche band famosa ora la canteremmo tutti. Infondo, chi non ha mai avuto il cuore spezzato?

Sometimes flowers arrange themselves, questo brano chiude l’album ed è il degno finale. La spiegazione al titolo Faith offrendo diversi spunti di riflessione. Una canzone complessa che dura sei minuti. Un’evoluzione della propria convinzione, che se in un primo momento è flebile ma costante, nell’ultima parte invece si esprime in tutta la sua potenza con “you can’t control me or my destiny”.

Per questo ritorno così importante dei Vertical Lines sulle scene musicali ho avuto il piacere di intervistare Fabio Morsiani: compositore e polistrumentista.

1. Com’è stato tornare dopo tanto tempo sulle scene musicali con un nuovo album?

È un’emozione indescrivibile. Il nostro primo album è uscito nel 2016 e nel 2019 abbiamo
pubblicato un EP di 5 pezzi. Eravamo quasi pronti per registrarne la seconda parte… poi è arrivato il
COVID.
Nonostante tutto abbiamo pubblicato dei singoli per dire “siamo ancora qui, nessuno ci ha
sconfitto”. Poi, finalmente, quest’anno abbiamo realizzato l’album Faith.

2. Quali sono state le situazioni che ti hanno fatto capire che era il momento giusto per Faith?

Abbiamo subito molti cambiamenti di formazione in questi anni, e ritrovare gli equilibri non è stato facile. Nel 2021 ci siamo quindi interrogati su cosa volevamo fare: avevamo raccolto abbastanza brani che insieme formavano un nuovo capitolo da raccontare.

3. Faith un titolo che lascia tanto all’immaginazione perché ognuno di noi dà un significato diverso alla parola fede. Per te qual è il significato?

Faith è traducibile in tantissimi modi: è una parola che parla di religione, di fiducia, di speranza.
Ognuno ci trova quel che desidera. Per me, vuole dire essere integri e fedeli a se stessi.

4. La parola Faith mi fa pensare alla speranza eppure le sonorità dell’album tendono ad essere cupe. Come hai gestito questa dualità?

Nei nostri lavori esploriamo tutte le sfaccettature di concetti spesso molto grandi, ingombranti a volte. La speranza di per sé è positiva ma spesso ci si arriva attraverso il dolore.

5. La copertina dell’album evoca ancora una volta questa doppia faccia della medaglia. Un uomo, coperto da un velo, che si eleva dal fondo scuro. Da dove nasce questa idea?

È coperto da un velo che lo blocca? O lo sta attraversando? O forse è il simbolo di un traguardo raggiunto come dopo una maratona? Come per la nostra musica, l’importante non è quello che si vede, ma quello che si percepisce.

6. La scelta di mettere un uomo che danza come copertina dell’album: un inno alla bellezza e delicatezza, erroneamente associate solo alla sfera femminile, e che invece appartiene anche al mondo maschile?

La delicatezza con cui questo ragazzo si destreggia in aria è esattamente l’emblema che cercavamo: tutti gli esseri umani sono capaci di provare emozioni, indipendentemente da qualsiasi etichetta la società ci voglia affibbiare.

7. C’è una canzone (o più canzoni) dell’album che ti emozionano particolarmente? E se sì perché?

Personalmente ci sono le ultime due canzoni del disco che mi strappano il cuore: Invisible e Sometimes the flowers arrange themselves. Sono state scritte in momenti tremendamente difficili ma è intorno a queste due canzoni che si sviluppa il concept del disco. L’album chiude con la frase “you can’t control me or my destiny”.

8. Quanta influenza hanno gli altri membri della band sulle tue composizioni?

Senza di loro le canzoni non avrebbero una batteria e una linea vocale degne di essere chiamate tali.
Nonostante io metta molto impegno nella stesura complessiva dei pezzi, ognuno è padrone del proprio strumento e apporta tutto ciò che è fondamentale per far nascere le canzoni.

9. Se dovessi descrivere questo album con tre aggettivi, quali sarebbero?

Perforante, gelido e brutalmente sincero.

10. Ora che questo album è uscito, stai già pensando a nuovi concept?

La mente non si ferma mai e c’è sempre qualcosa da raccontare. Non si sa mai cosa succederà.

11. Faith è anche il primo singolo dell’album ad essere stato pubblicato con videoclip. Parlami del
concept.

La canzone è estremamente dinamica, inizia pianissimo per chiudere con un’esplosione di rabbia. Abbiamo voluto rappresentare visivamente questo concetto attraverso una persona che si spoglia di vestiti che non le/gli appartengono. Bisogna non avere paura di mostrare chi si è realmente.